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IL MIO DOLOMITI BIKE TOUR

Heidi Zorzi blog post diario di viaggio dolomiti bike tour

DIARIO DI VIAGGIO: Dolomiti Bike Tour

“Buon viaggio

Che sia un’andata o un ritorno

Che sia una vita o solo un giorno

Che sia per sempre o un secondo

L’incanto sarà godersi un po’ la strada”

 

Era da tempo che sognavo di fare un viaggio in bicicletta.

C’è voluto il lockdown per alimentare quella mia voglia di vagabondare.

C’è voluto che resta in programma, almeno per ora, l’iscrizione al Mezzo Ironman di Cervia.

C’è voluta la consapevolezza che mi mancavano chilometri nelle gambe, per affrontare i 90 previsti nella gara.

Con questi fondamentali ingredienti è stato deciso il mio viaggio. Ho chiesto a mio marito Andrea se riusciva a venire, ma nelle date che avevo a disposizione, lui aveva già degli appuntamenti che non poteva spostare. Così è stato definitivo. Parto da sola.

Se da una parte avevo una gran voglia di fare un viaggio con me stessa, dall’altra la consapevolezza della mia nota mancanza di senso di orientamento, devo dire che un po’ mi preoccupava.

Ho cercato sostegno nella tecnologia, trovando in Komoot, un auspicabile sostegno.

Con questa App ho pianificato le tappe, tre per l’esattezza, che partendo dalla nostra casa di Imer, mi avrebbero portata, attraverso passi e vallate, a compiere un giro in senso orario delle Dolomiti

L’itinerario prevedeva di risalire la valle di Primiero, attraverso il Passo Rolle procedere per la Val di Fiemme fino a Predazzo; lì imboccare la Val di Fassa fino a Vigo, per poi girare a sinistra verso il Passo Costalunga che mi avrebbe portato nella Val D’Ega. Il percorso continuava lungo la Val Gardena con l’omonimo Passo, la Val Badia fino al confine con il Veneto al Passo di Valparola, fino a giungere a Cortina d’Ampezzo. Risalire, attraverso il Passo Duran, per imboccare la Valle Agordina e concludere, infine, con il Passo Cereda rientrando in Primiero.

Il mezzo

Lascio la Pinarello, compagna di allenamenti e gare di Triathlon, in favore della vecchia Cube Mtb, dove posso montare il portapacchi e le borse che già quando i ragazzi erano piccoli ci hanno accompagnato in allegri tour ciclistici. Sicuramente più pesante e meno scorrevole, ha però a suo favore dei rapporti più agili e la possibilità di portarmi qualche indumento in più.

Abbigliamento

Le previsioni meteorologiche non sono un granché, quindi meglio prendere il necessario per ripararsi dal freddo e potersi cambiare in caso di pioggia. Decido per:

  • due completi da Mtb
  • due canotte in rete
  • 1 canotta smaccata
  • 2 maglie termiche
  • Gilet anti vento
  • Giacca anti vento
  • Guscio pioggia
  • Fascia
  • Berretto
  • Gilet in piumino leggero
  • Guanti
  • Calzari
  • Manicotti
  • Gambali
  • Scarpe da bici
  • Scarpe leggere da riposo
  • Cambio per la sera
  • Beauty bagno
  • Calendula
  • Arnica
  • Vaselina
  • Barrette
  • Occhiali sole e vista
  • Sali
  • Auricolari

Le borse sono piene a metà, ma preferisco, per bilanciamento, caricarle entrambe. Comunque ho 6-7 kg di carico.

Giorno 1

Da Imer a Fiè allo Sciliar

101 km  – 2.760 disl.

I preparativi e ancora un po’ di indecisione sul tipo di borsa mi tardano un po’ la partenza e riesco ad essere in bici per le 9.45. La giornata è un po’ nuvolosa, ma per il momento non sembra debba piovere. Mi avvio per strade che conosco bene, che portano al Passo Rolle.

Abituata alla bici da corsa, mi sento un po’ appesantita e salgo con un passo molto controllato… I passi sono diversi e il dislivello mi preoccupa un po’, meglio essere cauti. Però son entusiasta e felice. Mi piace questa avventura in solitaria!

Una delle mie grandi pecche è la mancanza di senso d’orientamento. Mi sento tranquilla perché Komoot mi segnala la strada

A San Martino mi fermo per un caffè. Il grigio della Valle si è trasformato in nuvole dense, piuttosto basse; l’aria è freddina. Intanto l’applicazione mi ha scaricato quasi totalmente il telefono… Ok ho capito, devo fare da sola. Per ora nessun problema perché queste strade le conosco, ma poi? Beh, inutile preoccuparsi ora. E’ tempo di ripartire.

Nel risalire in bici sento freddo. Per fortuna, la salita in poche centinaia di metri, mi riporta il calore nel corpo. A Rolle sono immersa nella nebbia, mi vesto e man mano che scendo sento più freddo. Canto e respiro sonoramente, mi distoglie dalla temperatura e dal tremolio dei brividi. In breve sono di nuovo al sole, ma devo arrivare a Predazzo e ricominciare a pedalare per iniziare a sentire un certo tepore. Ho deciso di fare tappa pranzo a Moena. Il Bici Grill  della Fata delle Dolomiti, mi accoglie.

Parto felice di affrontare l’ultima salita della giornata. Comincio a sentire i chilometri nelle gambe ed ho un po’ di mal di schiena; la Mtb ha un assetto diverso dalla bici da corsa e lo sento. Il contachilometri segna 52 km e in programma ne avevo un centinaio, quindi gamba, gamba!

A Vigo il cartello con indicazione per il Passo Costalunga, dice 9 km. Ok. Come la salita del Rolle.

Le indicazioni mi mandano a sinistra, la strada attraversa una bella zona di Vigo con belle casette ed alberghi; la strada ha una discreta pendenza e sotto il sole del primo pomeriggio si fa sentire. Finiscono le case, ma non la salita costante. E’ già un po’ che pedalo, il contachilometri segna più di un chilometro dal bivio, ma il cartello stradale ora segna 10 km! Come? Che storia è questa, che i chilometri aumentano invece d diminuire?

La strada non cede. Arranco. Pensiamo in modo utile.

Decido di pensare ai chilometri che proseguono anche se lentamente e decido una tappa alle 16 ovunque io sia, anche se ancora lontana dal Passo.

Questo mi fa continuare la salita. Ad ogni chilometro fatto, mi premio con una bevuta di sali…. Alle 16 una panchina al sole mi aspetta. Era proprio lì per me! 🙂

Mangio qualcosa, bevo, mi godo 5 minuti il sole. Ora posso ripartire. Sono circa a metà strada; mi armo di coraggio e riparto. Con mia sorpresa, dopo due curve, la strada spiana e mi si svela il toponimo di Costalunga. Che bello! Dopo quella tosta salita, pedalare in falso piano è veramente divertente!

Sul passo un bel sole mi accoglie e mi fermo a bere un fresco Radler.

Poco sotto c’è il bivio: da una parte si va verso Bolzano per la Val d’Ega, dall’altra si raggiunge lo Sciliar e Castelrotto per il passo Niger. Opto per la seconda via, che si mantiene più o meno in quota e soprattutto rimane in mezzo a paesini. E’ un continuo saliscendi piacevole, con splendidi scorci sui pascoli Altotesini.

A Fiè allo Sciliar mi fermo soddisfatta. Cento chilometri fatti con più 2700 mt di dislivello. Brava me!

In paese trovo un bel cartellone con la geografia del luogo e mi studio chilometri e dislivelli per domani. Altro che App!

Giorno 2

Da Fiè allo Sciliar a Cortina d’Ampezzo

75 km – 2.420 disl.

Le previsioni danno pioggia tutto il giorno. Mi sveglio prestino. Ha piovuto durante la notte, ma sembra che le nuvole stiano diradando. Colazione abbondante, acquisto qualche barretta e prima delle 9 sono pronta per partire. Intanto spunta il sole.

Ho 200 mt di dislivello per arrivare a Castelrotto, poi altri 400 per raggiungere il passo Pinè, infine la discesa verso la Val Gardena.

Memore dell’esperienza di ieri, ho imparato a guardare le altitudini, così mettendole a confronto con i chilometri da percorrere, capisco cosa devo affrontare. L’esperienza insegna! 🙂

Intanto esce il sole, pedalo tranquilla, in breve sono a Ortisei.

C’è aria di festa e di vacanze qui. Mi fermo a bere un caffè e a mangiare un rimasuglio di crostata che avevo tenuto da ieri sera. Ho una ventina di chilometri in salita per arrivare al passo Gardena: la strada è ancora lunga. Passo Santa Cristina, Selva e mi inerpico verso il Passo Gardena. Anche questo passo, impegnativo nei primi due terzi, diventa più pedalabile nel finale. Il tempo sembra resistere. Per fortuna che non ho ascoltato le previsioni, altrimenti ieri non sarei nemmeno partita.

Le discese dai passi sono sempre piuttosto fredde. Io sudo molto ed il freddo sul collo mi blocca un po’ il trapezio. Per il resto, gambe e schiena stanno bene.

In un lampo di gelo sono a Corvara, poi La Villa; salgo i quattro chilometri per San Cassiano, dove decido di fermarmi per il pranzo. Per il Passo Valparola mancano 10km e 600 mt di dislivello.

Devo assolutamente fermarmi a mangiare, ma nello stesso tempo, so che ho il tempo contato, perché prima di sera arriva la pioggia. Il cielo è sempre più scuro e verso le montagne è proprio nero.

Rifocillata, riparto. La Valparola inizia molto dolcemente e sapendo di dover fare un bel po’ di dislivello, la cosa mi preoccupa. Dopo circa 4-5 km la strada comincia a salire vistosamente, mentre intorno è sempre più scuro. Adotto la tecnica del Costalunga: piccoli obiettivi, di chilometro in chilometro con tappa alle 16. Quando mi fermo, mi mancano ancora 3 km, sono ancora nella vegetazione, quindi mi manca ancora un bel po’ di salita. Ormai mi rendo conto, dal limite della vegetazione quando supero i 1800-1900 mt. Il passo Val Parola è alto 2168, si presenta avvolto nella nebbia, bianco nei suoi massi che hanno dato rifugio a migliaia di soldati durante la Prima Guerra Mondiale. Sarà la nebbia o il freddo, ma non mi va di fermarmi troppo. La discesa è veramente fredda. Dopo qualche chilometro comincia a piovere e mi fermo per coprirmi meglio.

Beate le borse grandi e la scelta fatta! Ora con il guscio ed il cappuccio sopra il casco, sono come in un igloo. Restano solo le gambe al freddo, ma con la pioggia anche i calzari sarebbero inutili. A Cortina mi merito un te caldo, poi decido il da farsi.

Appena arrivo al riparo la pioggia aumenta. Non dà segno di cedimento. La mia idea di scendere ancora verso San Vito o Borca di Cadore, va cancellata e per fortuna! Trovo posto all’hotel Aquila e dopo una calda doccia riguardo il mio itinerario…

Ringrazio la pioggia perché avrei fatto una cavolata enorme. La mia idea di tornare per il Passo Duran era demenziale. Mi rendo conto ora che il Duran è due Valli più in là e questo avrebbe significato fare un altro passo di mezzo, come il Passo Staulanza, che ok, non sarà altissimo, ma comunque almeno 6-700 mt di dislivello in più. Meglio tornare a Pocol e da lì seguire per il Giau che comunque come dislivello non scherza.

Giorno 3

Da Cortina d’Ampezzo a Imer

97 km – 2.580 disl.

Ultima tappa.

Lascio Cortina ripercorrendo in senso inverso la strada di ieri fino a Pocol; 5 chilometri di salita con 300 mt. di dislivello sotto un bel sole. Da Pocol altri 10 chilometri tra boschi e pascoli mi portano al Giau. Di nuovo adotto la tattica di premiarmi ad ogni chilometro fatto e pian piano gli alberi diradano fino a lasciare solo verdi pascoli attorno a me. Il Giau è alto 2.210, immerso nel verde, popolate da numerose mucche con i loro campanelli ne fanno un allegro quadretto bucolico circondato da montagne. Che bello! 🙂

Di nuovo nuvole nere si addensano, quindi non mi fermo molto e riparto verso la discesa verso Caprile. Poco prima del paese, mi sorprende l’acqua. Mi vesto e riparto. Per fortuna che mi sono abbassata di molto e la temperatura è discreta. Pedalo in discesa sotto scrosci che mi tolgono la visibilità per una ventina di chilometri, poi per fortuna, quando ormai sono bella inzuppata d’acqua, la pioggia si ferma. L’aria della discesa fa da centrifuga ai miei vestiti ed arrivo ad Agordo quasi asciutta.

Non mi preoccupo dell’umidità, tanto mi aspetta una lunga salita e un po’ di frescura rimasta non mi disturba.

La viabilità è stata recentemente modificata e seguendo le indicazioni prendo la salita per il Passo Cereda, non accorgendomi subito di aver preso la strada più ripida che porta a Forcelle Aurine. Me ne rendo conto solo dopo 12 chilometri, quando le segnaletiche mi danno il benvenuto alla frazione. Rido. Ormai è fatta!

Ne approfitto per fermarmi per il pranzo al sole, visto che è il primo locale aperto che trovo e mi manca ancora il pezzo di salita più dura.

Nell’ultima parte, di nuovo le nuvole si addensano. Non sono ancora al Passo che ricomincia a piovere…. E due! Per fortuna ormai sento profumo di casa.

L’ultima discesa al freddo e al bagnato, mi porta a Fiera. Poi torna il sole prima di Mezzano ed entro ad Imer dove non ha nemmeno piovuto.

Un ottima cena a casa di mia mamma per festeggiare il viaggio fatto, conclude la serata.

Ora è tempo di riposare.

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Scritto da Heidi Zorzi

Diventare Mental Coach, mi ha aiutato a comunicare con i miei figli, con i miei allievi, in modo sempre più chiaro ed efficace, e aiuta loro a sviluppare autostima, motivazione, consapevolezza, che sono condizioni importanti sia nello sport, sia, soprattutto, nella vita.

30 Set, 2020

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